La caccia al pescespada: una pratica antichissima che ha segnato profondamente le abitudini alimentari e commerciali degli Uomini delle Stretto. Ossa di pescespada son state rinvenute fra i resti dei villaggi preistorici della Costa Viola; antichi scrittori come Polibio, Strabone, e Silio Italico hanno descritto vividamente le modalità relative alla pesca dello xiphias nell’antichità classica. Sino agli anni cinquanta del secolo scorso, prima dell’avvento delle moderne barche a motore, i pescatori si servivano dei luntri, piccole imbarcazioni leggere e veloci lunghe mediamente sei metri e larghe almeno due, dotate di un albero che raggiungeva i cinque metri di altezza detto foriera, ove si appostava la vedetta. Una sfida che sa di retaggi ancestrali, romantici e crudi, quelli fra l’uomo e il pescespada: gli avvistatori, appostati presso i luoghi panoramici della terraferma (il belvedere di Bagnara, o il Castello di Scilla, per esempio) avvistavano la preda fra urla ed imprecazioni, e il luntru solcava celermente i flutti, sospinto dai quattro remi, finché il ramponiere scagliava la draffinera, il lungo arpione che si conficcava impietosamente nel corpo del pescespada, il quale veniva issato a bordo solo dopo il suo completo dissanguamento.

Le moderne passerelle motorizzate sono dotate di un albero centrale alto più di trenta metri sul quale si colloca la vedetta/timoniere incaricata di scorgere il pescespada: un’innovazione in grado di recidere definitivamente il secoalare legame fra i pescatori e la terraferma, rendendo obsoleti i punti di avvistamento collocati sulle alture costiere. Il progresso non ha saputo tuttavia cancellare quell’alone di fascino e ritualità che contraddistingue da millenni la caccia al pescespada. Sopravvive ancora il gesto della “cordata ‘ra cruci”, l’incisione del piccolo rombo sulla guancia sinistra dell’animale catturato da parte dell’infiocinatore. Ancora oggi si tende colpire prima l’esemplare femmina, dal momento che il pesce maschio, monogamo, una volta uccisa la compagna, seguirà la scia della barca per morire a sua volta.

Le consuetudini cambiamo in ossequio al divenire storico, si sa, come le tonalità della pelle del pescespada in agnia, dall’azzurro all’argento e al grigio in una magica variazione di colorazioni contrapposte. Eppure, il vento del cambiamento soffia sempre sullo stess mare, quelle acque cristalline sulle quali abbiamo forgiato la nostra identità, la nostra economia, la nostra sopravvivenza; la caccia al pescespada, in definitiva, costituisce un elemento fondante ed imprescindibile di tale modus vivendi.