Bocche spalancate, lunghe lingue, occhi spirdàti. Li vedrete sull’uscio delle porte e saprete di essere giunti nel cuore del borgo, dove queste maschere apotropaiche (che secondo le credenze popolari tengono lontane il male) sono parte di una tradizione che ha attraversato i secoli e ha intriso la storia e l’identità dei luoghi. 

Dopo una passeggiata tra i vicoli, all’interno delle botteghe artigiane saranno i maestri ceramisti detti pignatàri, a guidarvi alla scoperta dei manufatti coloratissimi famosi in tutto il mondo, le cui forme e i colori vividi affascinarono finanche il pittore Pablo Picasso. E non ci sono certo solo “i demoni” delle maschere scaramantiche, ma anche lanterne, bottiglie, fiasche antropomorfe (in dialetto babbalùti), anfore, brocche, i celebri orci a forma di riccio, le pigne, le sirene.

Ogni pezzo è unico, plasmato con sapienza con tecniche antichissime di origini bizantine, tramandate di padre in figlio come la più preziosa delle eredità. Non c’è turista che possa resistere al fascino di queste ceramiche, realizzate secondo stili e decorazioni che hanno attraversato i secoli senza mai perdere il loro potere di incantare. 

Nel 1746 a Seminara c’erano ben 23 botteghe e pochi anni dopo, nel 1777, lo scrittore e viaggiatore britannico Henry Swinburne, di passaggio durante la sua permanenza in Calabria, annotò sul suo taccuino proprio il “fermento di botteghe di ceramiche” che lo aveva colpito passeggiando per le strade del paese reggino. 

Lo stesso stupore che si prova oggi osservando come dall’argilla, le mani sapienti dei ceramisti riescano a creare forme uniche e irripetibili. Per osservare da vicino la bellezza dei manufatti antichi e moderni e conoscerne la storia e il significato, si può visitare il Museo delle Ceramiche di Seminara.